Mentre Cura stava attraversando un certo fiume, vide del fango argilloso. Lo raccolse pensosa e cominciò a dargli forma. Ora, mentre stava riflettendo su ciò che aveva fatto, si avvicinò Giove. Cura gli chiese di dare lo spirito di vita a ciò che aveva fatto e Giove acconsentì volentieri. Ma quando Cura pretese di imporre il suo nome a ciò che aveva fatto, Giove glielo proibì e volle che fosse imposto il proprio nome. Mentre Giove e Cura disputavano sul nome, intervenne anche Terra, reclamando che a ciò che era stato fatto fosse imposto il proprio nome, perché essa, la Terra, gli aveva dato il proprio corpo.

I disputanti elessero Saturno, il Tempo, a giudice, il quale comunicò ai contendenti la seguente decisione: “Tu, Giove, che hai dato lo spirito, al momento della morte riceverai lo spirito; tu, Terra, che hai dato il corpo, riceverai il corpo. Ma poiché fu Cura che per prima diede forma a questo essere, finché esso vive, lo custodisca. Per quanto concerne la controversia sul nome, si chiami homo poiché è stato tratto da humus”. mito di cura, Igino, I sec. a.C. (ripreso da Heidegger) ¹

Il mito di cura è un mito antico, risalente al 1 sec a.C., e racconta in modo semplice il nostro essere nel mondo. Colpisce del mito come questo personaggio, la Cura, abbia accolto l’uomo formandolo prima, e tenendolo in vita dopo. Per il filosofo Heidegger, che ci tramanda il mito, la cura rappresenta il fulcro dell’esistenza e ciò che permette all’essere dell’uomo di permanere nella vita. L’azione della “cura” è spesso un’azione “trasparente”, sottile. Si tratta delle piccole azioni della quotidianità, quasi invisibili, eppure così essenziali. Per lungo tempo lontana dal pensiero perché qualcosa di “pratico” e forse scontato, diventa elemento centrale del pensiero di Heidegger e di attuali pensatori che si interrogano sull’esistenza umana. Di fronte a prese di posizioni che rimarcano la potenza dell’uomo, e le possibilità infinite che la mente e i mezzi tecnologici ci mettono a disposizione, il pensiero della cura si mostra essere un pensiero differente e controcorrente. Senza essere ad esso antitetico è un pensiero che punta lo sguardo e dice la nostra fragilità e la fragilità del mondo in cui viviamo. È un pensiero che ci ricorda che noi viviamo grazie alle azioni di cura che rivolgiamo a noi stessi e che altri rivolgono a noi. Si tratta di non dimenticare che siamo “anche” essere vulnerabili e mortali, e cosa questo significa per la nostra esistenza. La cura ci ricorda perciò il nostro limite, ma anche la nostra forza e responsabilità: la responsabilità di rispondere a ciò che ci circonda, per sostenerlo nella vita.
Tronto definisce perciò la cura come una attività che include tutto ciò che facciamo per mantenere, continuare e riparare il nostro “mondo”, in modo da poterci vivere nel modo migliore possibile. “Quel mondo include i nostri corpi, noi stessi e il nostro ambiente, tutto ciò che cerchiamo di intrecciare in una rete complessa a sostegno della vita“.
Il pensiero della cura vuole mettere al centro la capacità dell’uomo di farsi prossimo, vicino, attento ai bisogni dell’altro, e anche ai propri bisogni. Si tratta di non girare lo sguardo davanti a ciò che ricorda le nostre debolezze, ma di saperle accogliere.
Spesso non sono i gesti eclatanti a renderci felici, ma quelle piccole manifestazioni di affetto quotidiane, che ci fanno capire di esistere “per qualcuno”, (esistere nello sguardo di qualcun altro), che qualcuno conosce quello che ci fa stare bene e ce lo dimostra. Senza questi gesti sopravviviamo lo stesso, ma quando ci sono viviamo meglio.
La cura dunque è ciò che avvolge il nostro essere, lo coccola, gli permette di sentirsi accolto, di “essere”, cioè di manifestarsi. Creare uno spazio affinché l’essere “sia”, in ogni contesto di vita in cui ci troviamo ad agire, dal campo privato a quello pubblico.
Tronto pensa per esempio dell’importanza dell’azione di coloro che si occupano delle pulizie in una grande azienda: quanto sarebbe vivibile quello spazio se queste persone non si occupassero di portare avanti queste azioni di cura? Gli spazi rimarrebbero sporchi, la qualità del lavoro e della vita sarebbe di conseguenza inficiata.

Quali piccole azioni di cura svolgo tutti i giorni per far stare bene qualcuno, per dare nuova vita ad un luogo? Quali atti di cura ho ricevuto oggi che hanno dato un senso diverso alla mia giornata?

¹ M. Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi&C., Milano 1976, p.347

² J. C. Tronto, Confini morali, un argomento politico per l’etica della cura, Diabasis, Reggio Emilia 2006, p. 118

Pin It

ARTICOLI

GALLERIA

POLICY

NEWSLETTER

LINK

DOVE SIAMO

Info Cookie

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.