Proporre un sistema (filosofico, teologico, etico) sulla morte è forse una follia. Esso fa parte di quel processo di mercificazione e reificazione delle idee che Kierkegaard, in Timore e Tremore, condannava sotto il suo pseudonimo di Johannes Silentio.1 E il silenzio è quello che si è perso in un’epoca in cui si mira sempre di più a proporre modelli normativi cercando invano di addomesticare fenomeni complessi come quelli che riguardano l’eutanasia, l’accanimento terapeutico, l’aborto, ecc.
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